Un’amica mi ha chiesto di scrivere alcune considerazioni in merito ai possibili sviluppi tecnologici nella professione legale e alle possibili conseguenze.

Più che da tecnico, che non sono, le ho detto che avrei risposto da vecchio “smanettone” e appassionato e curioso del “divenire” tecnologico nelle nostre vite.

Non è facile stabilire il taglio da dare a queste mie riflessioni, quando al 31 dicembre 2018 una buona parte degli avvocati faceva ancora le fatture con un word processor e si lamentava per dover redigere un preventivo, magari sfruttando un foglio elettronico, cosa a loro dire impossibile per la nostra professione “liberale”.

Ritengo che l’eccessivo uso di acronimi sia indicativo del declino di una civiltà e noi, forse, stiamo assistendo al punto suo più basso: dopo l’obbligo della PEC, quello del PCT, PAT e PTT, sono arrivati gli obblighi di FE prima con la PA e poi B2B e B2C, magari accedendo ai sistemi tramite SPID. Si scherza, ma non troppo.

In questo ginepraio di novità si comincia sentir parlare di algoritmi, di machine leraning, deep learning, reti neurali, in sintesi – impropria – di IA (Intelligenza Artificiale), come realtà imminente.
Cosa aspettarsi quindi dal prossimo futuro per le professioni e per gli avvocati?

Dalle argomentazioni di pensatori a livello di Nick Bostrom, Ray Kurzweil, Yuval Noah Harari ci si deve attendere un radicale cambiamento di paradigma etico, economico e sociale; posizioni diverse, portate avanti dall’attuale “transumanesimo” e dai teorici della singolarità tecnologica.

L’analisi è come sempre “bipolare”: ai catastrofisti si affiancano gli entusiastici ottimisti (in mezzo ad una moltitudine di ignavi menefreghisti).

Per alcuni l’aumento delle “capacità” intellettive e/o il raggiungimento di una super intelligenza spazzerà via il genere umano per altri la singolarità tecnologia porterà al superamento dell’uomo inteso come entità biologica mortale per farlo assurgere a qualcosa di “diverso”, ulteriore, che morirà solo se vorrà farlo.

Fantascienza? Forse, ma è di pochi giorni fa la notizia che un esperimento, coordinato da Google, ha permesso ad un computer quantistico di effettuare un’operazione che ad un computer tradizionale richiederebbe 10.000 anni, in poco più di 3 minuti, ad ulteriore riprova della validità della legge di Moore sui tempi di sviluppo delle capacità computazionale delle macchine.

Così come i primi collegamenti “telepatici” (neurali) tra uomo e macchina stanno avendo grandi sviluppi grazie all’Intelligenza artificiale, permettendo il dialogo tra soggetti paralizzati ed esoscheletri o arti artificiali.

Una tecnologia si considera penetrata nella società quando ha raggiunto 50 milioni di utenti: la radio ci ha impiegato 38 anni, il telefono 20 anni, il televisore 13 anni, il cellulare 12 anni, il WEB 4 anni, Facebook 2 anni… Hangry Birds 38 giorni!

La progressione esponenziale della capacità di calcolo di computer fa si che i tempi di sviluppo si riducano in modo altrettanto esponenziale, arriveremo pertanto a questa realtà molto più velocemente di quanto ci si aspetti, forse quando ancora staremo chiedendoci chi aveva ragione o chi torto, quasi certamente prima che sarà decisa la “controversa” questione sul doppio mandato dei nostri vertici, che tanto ci entusiasma e ahimè ci classifica socialmente.

Purtroppo la gran parte dei professionisti (tutti i professionisti), nel medio periodo, rientrerà nella categoria degli “useless people”, così ben definiti da Harari in Homo Deus, annichilendosi e, forse, trasformandosi in altro, magari in ambientalisti climatici all’inseguimento di improbabili Cassandre.

La gran parte delle attività umane sono riducibili a “processi” e questi, se debitamente insegnati ed appresi, sono svolti in modo molto più efficiente e sicuro da una macchina.

Inutile ricordare che l’attività legale vive per lo più di processi e procedure.

La domanda a cui tutti dovrebbero cercare di dare risposta, soprattutto coloro che dovrebbero avere a cuore la nostra professione, è quella relativa all’ineluttabile trasformazione della professione legale nel prossimo futuro dominato dalla tecnologia.

Quale sarà la funzione ed il compito di un avvocato e, ancor più di un giudice (e forse anche del legislatore), quando un programma o una semplice app fornirà a chiunque l’esito probabilistico / statistico di successo di una controversia con affidabilità superiore al 90% ?

Quando le leggi saranno scritte e modificate basandosi su bisogni ed esigenze determinate da un’intelligenza artificiale, in modo statistico, sulla base di metadati raccolti da tutta la popolazione in tempo reale, quale funzione avrà il legislatore e avrà ancora un senso la “politica forense”?

Quando si dialogherà tra terminali e tra soggetti direttamente col pensiero, quale “forma” potranno avere i contratti e le regolamentazioni tra persone e quali tutele potranno essere fornite a questi “dati”?

Quale funzione avrà un certificatore umano con l’avvento di blockchain super sicure?

Chi e come dovrà operare un soggetto preposto a sviluppare smart contracts collegati ad intelligenze artificiali che governano macchine o robot direttamente interagenti su umani?

Quando la vita si allungherà in modo importante ed efficiente avrà ancora senso parlare di sistema previdenziale?

Il cambiamento sarà probabilmente radicale ed improvviso e la nostra futura inutilità si aggiungerà al “non valore” che attualmente forniamo alle persone , anche a causa del mal funzionamento della giustizia e di una categoria in gran parte inadeguata, cercando di “indorare” il tutto con principi universali, comprensibili solo agli addetti ai lavori quasi certamente non sentiti né percepiti dai malcapitati clienti.

Quale approccio dovrà avere il giurista verso questo nuovo imminente mondo?

Una risposta non è facile, comunque certamente questa non potrà che essere multi disciplinare.

Solo il superamento del nostro attuale sguardo, terribilmente offuscato, attraverso una visione ampia, per così dire “olistica”, permetterebbe, forse, di farsi un’idea di quello che capiterà nel prossimo futuro.

Superiamo quindi tutti i nostri limiti, riscoprendo la necessaria curiosità verso altre materie e discipline, facendo gruppo anche con altri professionisti e tecnici.

Questo ci permetterà di evolvere e, forse, di essere in grado di trovare la risposta sul nostro futuro che, come ogni valutazione preventiva è, e deve essere, in costante divenire.